L’identità digitale

Barbara Indovina è avvocato penalista, docente di informatica giuridica presso l’Università Bocconi di Milano, relatrice a convegni in tema di sicurezza informatica e reati informatici e autrice di libri e articoli in tema di diritto penale dell’informatica, privacy, computer forensics e web 2.0. Potete anche seguirla su Twitter @barbaraindovina.

Ci è sembrato importante partire dalle basi e le abbiamo chiesto di parlare, in questa prima intervista, del tema dell’identità digitale.

A. Cos’è l’identità digitale?

B. Ognuno di noi ha una identità personale: diritto, riconosciuto dalla carta costituzionale, di essere se stesso con il relativo bagaglio di convinzioni ideologiche, religiosi morali e sociali che differenzia, al tempo stesso qualificandolo, l’individuo. Questa identità (e personalità) si manifesta nella vita di tutti i giorni sia personalmente sia mediante l’uso degli strumenti informatici: l’individuo approccia quindi la rete creando una apposita identità digitale. L’accesso alle piattaforme digitali e di rete avviene mediante procedure di identificazione informatica, ovvero il soggetto si fa “riconoscere” dal sistema mediante: una cosa che possiede (ad esempio una smart card), una informazione che sa (password, pin) oppure una proprietà fisica (biometria).

A. Non è tutto così semplice come appare quindi: ci sono dei rischi?

B. Nell’era della telematica e dell’interconnessione globale, la manifestazione del soggetto in rete assume una importanza fondamentale e non è possibile non conoscere i rischi che tale manifestazione comporta. Le parole del prof. Rodotà in un ancora attualissimo articolo del 2009, “l’identità ai tempi di google” ben evidenziano la vastità e la complessità del problema: ormai entrati in un tempo in cui sempre più si dovrà ammettere «io sono quel che Google dice che io sono». E lì, in quello sterminato catalogo del mondo e nelle infinite altre banche dati che implacabilmente conservano informazioni personali, viene costruita la nostra identità, in forme che sempre più sfuggono al controllo dello stesso interessato. Sapevamo forse da sempre che lo sguardo dell’altro contribuisce a definire la nostra identità. Scriveva Sartre che «l’Ebreo dipende dall’ opinione sulla sua professione, sui suoi diritti, sulla sua vita». Questa dipendenza è cresciuta in modo determinante negli ultimi trent’anni, da quando l’elettronica non solo ha reso possibile raccogliere e conservare una quantità tendenzialmente infinita di dati, ma soprattutto consente di ritrovarli fulmineamente, di metterli in rapporto tra loro, e così di tracciare profili che diventano gli strumenti attraverso i quali ciascuno di noi viene conosciuto, valutato, continuamente ricostruito. L’identità “digitale” prende il sopravvento, rischia d’essere il solo tramite con il mondo, ponendo problemi prima impensabili.

A. Si parla di Web reputation anche per le persone?

B. Si parla ormai di web reputation e di conseguente verifica della reputazione online sia per quanto attiene alle società ma soprattutto per i singoli professionisti: se siamo quello che manifestiamo sul web dobbiamo ancor più ricordare che ogni foto, affermazione, scritto o altro che immettiamo in rete può rimanervi per molto tempo e circolare con conseguente perdita del controllo da parte nostra.

A. Corriamo dei rischi?

B. Non si deve mai dimenticare che, seppure negli ultimi anni sia stato riconosciuto universalmente un vero e proprio diritto all’oblio, ovvero il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all’onore e alla reputazione, i danni peggiori li possiamo arrecare direttamente noi stessi, pubblicando foto inappropriate, commenti dettati da ira momentanea, o anche semplicemente mal redatti (attenzione all’ortografia!); oggetti che in un modo o nell’altro resteranno per molto se non per sempre in rete, richiamati nelle ricerche inerenti la nostra storia e personalità “virtuale” (e reale) .

A. Cosa possiamo fare per prima cosa?

B. E’ fondamentale, in tema di tutela delle informazioni personali, al fine di curare la nostra immagine e promuovere il nostro personal branding, mantenere sempre un corretto approccio con i mezzi dell’informazione del web 2.0 (social network, blog, micro blogging, piattaforme wiki etc.): l’immagine online è spesso il nostro primo biglietto da visita e ormai il recruitment si basa molto sulle informazioni presenti online (e su piattaforme come Linkedin). Innanzitutto, quanto all’utilizzo dei social network (vera maglia nera per quanto attiene alla tutela della reputazione online) è fondamentale mantenere sempre alti i profili di tutela della propria privacy (chi può vedere cosa): è necessario determinare poi per ogni singola “pubblicazione” e in maniera rigorosa quali informazioni possono circolare pubblicamente (verificandone sempre la correttezza) e quali si debbono mantenere riservate (ovviamente non scordandoci mai che le informazioni immesse in rete non sono quasi mai riservate per la stessa natura del mezzo).

Questa operazione richiede innanzitutto che si conoscano i Termini di servizio della piattaforma (i così detti “Tos= terms of service”), come ad esempio Facebook o Twitter o LinkedIn:  avete letto le prime righe dei Tos che evidenziano subito la differenza tra le due piattaforme? Su Facebook posso decidere come impostare la privacy e quindi la visione dei contenuti, su twitter no! (“Quello che dici su Twitter può essere visto istantaneamente in tutto il mondo. Sei quello che twitti!”). Non solo, nel novembre del 2014 Twitter ha introdotto un motore di ricerca interno che permette di risalire a tutti i tweet “cinguettati” sin dal 2006; con buona pace del diritto all’oblio quindi.

A. Qualche ulteriore accorgimento?

B. Ricordate poi che l’odio passa ma l’affermazione resta; non cedere, quindi, a battaglie di opinione o commenti dettati dall’ira del momento lasciando poco graditi “flame”. Inoltre, non collegare mai video o foto al nostro nome e cognome: in questo modo evitiamo che i predetti contenuti (non sempre tutti impeccabili) ci vengano associati quali dati identificativi nei motori di ricerca. E se questi contenuti non sono postati da noi, effettuamo sempre un controllo sui tag in modo che sfuggano al nostro controllo il minor numero di informazioni possibile.
And last but not least: attenzione a cosa pubblichiamo in rete sulla nostra vita (dati di geolocalizzazione, informazioni personali quali indirizzo di casa, numero di telefono, informazioni bancarie) perché le cronache recenti ci insegnano che con i dati online non si commettono solo reati quali il furto di identità personale ma anche reati “comuni” (furti in abitazione, ad esempio) commessi utilizzando informazioni sulla vittima carpite on line.

Quindi: verificate sempre le vostre informazioni online e soprattutto controllate scrupolosamente ogni informazione che immettete sapendo che sarà in balia di tutti con un semplice click.

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3 comments on “L’identità digitale

  1. Tiziana Rubano ha detto:

    Anch’io cerco, per quanto possibile, di far emergere quello che realmente sono a livello professionale e/o personale con i miei hobbies, la mia famiglia etc. Niente di più fastidioso, quando i rapporti da virtuali diventano reali, nel non trovare corrispondenza. Mi è capitato di essere contattata per lavoro da un’ “esperta di web marketing” e dopo un quarto d’ora di chiacchierata davanti a un caffè capire che a stento conosceva l’uso dei social. Ancora più imbarazzanti quelli che sul proprio profilo Fb imprecano quotidianamente e inveiscono contro la società, il sistema, i datori di lavoro, il lavoro stesso e poi in privato ti chiedono di essere assunti dalla tua società! Capitato giuro 🙂 In ogni modo è vero bisogna fare molta molta attenzione, lo dico anzitutto a me stessa!

  2. alice ha detto:

    E’ un tema straordinariamente importante e delicato. Penso che attenersi alle proprie opinioni senza mai usare toni offensivi, piuttosto che condividere immagini e notizie che riguardano il tuo modo di vedere il mondo , senza entrare in una sfera troppo personale o familiare (tenendo sempre presente che è come se parlassimo a voce alta in una piazza affollatissima) , ci permetta di costruire una web identity in modo quantomeno corretto. Non so se questo però permette di raggiungere le vette della classifica in motore di ricerca

  3. elisabetta favale ha detto:

    Oggi la web reputation è diventata quasi più importante di quella della vita reale. Io mostro sempre sul web (ho una esposizione abbastanza forte) ciò che sono realmente. Credo fermamente che l’essere debba coincidere con l’apparire.

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